INTERVISTA IMPROBABILE A...SIMONE DA RIN
Mi avevano detto che lo avrei trovato sotto canestro, anche
all’indomani del torneo in cui insieme ai suoi compagni ha dato il massimo. Infatti
è lì. Devo chiamarlo un paio di volte prima che si convinca a lasciare la palla e
venire verso la gradinata. Per la cronaca sono nel regno Young Eeagles e sto
intervistando un giocatore categoria
U14.
Simone Da Rin, sei tu, giusto?
Giusto! E con il suo primo
grande sorriso vado al nocciolo di una questione fresca di piazzamento
Come è andato il Garbosi?
Sono soddisfatto per come sono andate le giornate, per il piazzamento (Varese Young Eagles quinta classificata
n.d.r.), per la squadra e per chi ha
giocato con noi: ci hanno dato una bella mano!
Puoi descriverti per i pochissimi che non ti
conoscono?
Sono alto 1,80, un po’ robusto, occhi castani e capelli raccolti nello
chignon e fascetta. Quando gioco metto la ginocchiera: ho bisogno di riparare
il ginocchio. Numero di piede 46 e mezzo/47 e sulla maglia ho stampato il numero 60. Qualcosa mi dice che saremo ermetici
stasera...
Parliamo di sport?
Fino a tre anni fa giocavo a calcio. Poi mi sono accorto di non
provare più le stesse emozioni di quando avevo iniziato, perciò ho pensato che
fosse il momento di cambiare. In effetti il Basket mi ha regalato molto
divertimento e nuove emozioni. Sai, giocando ho capito che la pallacanestro è
molto più bella del calcio.
Sbaglio o sei figlio d’arte?
Si, si. Mamma e papà giocavano nella Pallacanestro Varese. Papà è
anche arrivato a livelli alti. Inutile
dire che prima delle parole arriva l’orgoglio.
In che ruolo giochi?
Guardia e a volte playmaker.
Cosa ti piace della tua squadra
e cosa miglioreresti?
Mi piace tutto, ma sicuramente dobbiamo curare il tiro da fuori. Le
statistiche parlano chiaro: le percentuali sui canestri effettivi sono ancora
troppo basse.
Guardi spesso lo sport in TV?
Si, NBA soprattutto e calcio quando capita. Tifo Cleveland, ma il mio
mito ora è Russel Westbrook dell’Oklahoma City.
Cosa ti piacerebbe fare da
grande?
Giocare a Basket per vivere. Ho scelto una scuola che mi permette di
imparare le lingue. Chissà che un giorno potrò viaggiare e arrivare fino negli
States a giocare in NBA. Un sogno...
Torniamo con i piedi per terra:
se fossi l’allenatore per un giorno, cosa faresti?
Sinceramente farei correre molto di più per aumentare il ritmo di
gioco ed essere veloci. Per il resto confermerei il lavoro di Vincenzo e
Nicola.
Da quel che vedo tu e la grinta
andate di pari passo...
Certo e a volte vorrei che anche i miei compagni ne avessero un po’ di
più.
Lo chiedo a tutti perché credo
che in ognuno ci siano ottime qualità: qual è il tuo lato positivo?
Riesco ad adeguarmi a tutte le situazioni.
E la cosa che non ti piace di
te?
A volte sono troppo presuntuoso e credo di saper fare le cose anche se
non le so fare così bene.
Ha le idee chiare questo
ragazzo, ma la mia presenza lo agita. Così decido di toglierlo dall’imbarazzo.
Ora ti tocca il gioco del “Se
fossi”. Stramazza, sfodera un altro
dei suoi sorrisi e mi dà il via.
Se fossi... un cibo. La
carne, meglio: la tagliata.
Una verdura. Le carote.
Un fiore. La rosa.
Un cantante. Mr. Rain.
Un colore. Il celeste.
Un elemento. L’Ossigeno.
Una palla. Quella da basket,
ovvio.
Un mare. Il Mediterraneo.
Una paura. Il buio.
Un’emozione. La felicità.
Un mestiere. Il cuoco
Un piatto. La pizza
Un ingrediente. Il Ketchup
Un animale. La scimmia un
po’ come Russel Westbrook che salta e si arrampica ovunque.
Domande a raffica risposte
secche. Lo metto alla prova di nuovo, stavolta con qualcosa di più serio.
Quando sei in partita qual è la
cosa che ti piace in assoluto?
Assumermi le mie responsabilità nel bene o nel male.
E quella che invece detesti?
Sbagliare i canestri da sotto.
Del pubblico cosa mi dici?
Se tifa per me mi gaso, se invece è contro mi è da stimolo per fare
meglio e dimostrare che non gioco male come pensa.
E degli arbitri?
Avrei da dire a volte, soprattutto quando si trovano dall’altra parte
del campo e non hanno visto l’azione. Però rispetto le loro decisioni.
Cosa diresti ai bambini che
guardano per la prima volta?
Guarda e impara.
E con il sorriso targato Simone (Daro, come
lo chiamano i suoi compagni), torna ad allenarsi.
Il Riccio Spettinato
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